Come me, come te

Per far godere uno stronzo

di Riccardo Chiaramondia

C’è una canzone trap in cui il cantante si chiede quante ragazze nel mondo della pornografia commettono suicidi per far godere degli «stronzi» come noi. La risposta è troppe. O comunque troppi sono i casi, anche qualora non siano suicidi, di morti legate a una situazione di malessere psicologico derivante dalle condizioni lavorative in questa industria. Negli ultimi quattro anni, in diversi contesti e con diverse finalità, ho concentrato il mio lavoro sulla sessualità e sulla pornografia: una costante che ho sempre trovato è la morte, talvolta taciuta, talvolta – causa l’alta concentrazione di casi in un breve lasso di tempo – raccontata, ma solo nelle più nascoste pagine del web.

Finendo di scrivere un progetto su queste tematiche, mi sono imbattuto in una serie di notizie su Sophia Leone, Emily Willis, Kagney Linn Karter e Jesse Jane, quattro note attrici pornografiche decedute o, nel caso di Willis, entrate in uno stato di coma ritenuto irreversibile per atti violenti, principalmente legati alla droga, da inizio 2024. Quattro casi in due mesi sono molti, ma con approssimazione di certezza si può affermare che il numero potrebbe essere più alto: quello che sappiamo, infatti, è sempre legato alle grandi compagnie che si spartiscono la quasi totalità del mercato, ma sotto di esse esistono un’infinità di piccole case di produzione a metà strada tra l’amatorialità e il professionismo sulle quali è quasi impossibile trarre dati certi.
Una situazione come quella appena descritta richiede un ampio lavoro di ripensamento di un’industria enorme a cui, però, non viene tributata la giusta attenzione per motivi di ipocrita pudore e morale. Per rendere l’idea delle dimensioni di questo mondo è sufficiente dire che al momento, in accordo con i dati statistici raccolti da SimilarWeb, tra i sedici siti più visitati al mondo sono presenti tre aggregatori di video pornografici e Reddit, spesso utilizzato con questa finalità: l’unico sito pensato per la distribuzione di contenuti audiovisivi maggiormente utilizzato è YouTube, mentre Netflix è solamente al ventiduesimo posto. Anche se in pochi lo ammettono, su questa barca ci siamo quasi tutti. Lungi da me voler scrivere un articolo contro il concetto di pornografia, non basterebbe una pagina anche solo per introdurre l’argomento, ma solo portare una riflessione su alcune delle possibili ragioni sottese a queste morti e invitare a un consumo maggiormente critico di materiale pornografico.

Questa industria, anche se i dati indicano che gli stipendi delle performer sono mediamente più alti, rimane un luogo in cui gli equilibri di forza sono fortemente sbilanciati in favore della componente maschile. Non è un caso che, pur non mancando una sostanziosa parte di abusi psicologici e medici nei confronti degli attori uomini, le morti sono quasi sempre di donne. Una delle maggiori differenze tra i due sessi riguarda l’età d’ingresso nel business e di esposizione al successo: l’ossessione per l’idea della giovane ragazza minuta è, infatti, contrapposta all’immagine di un uomo più maturo, con un’età difficilmente identificabile tra i trenta e i cinquant’anni. Il fattore anagrafico è sicuramente da tenere in considerazione quando si tratta di analizzare le conseguenze di una sovraesposizione costante del proprio corpo, le logiche di potere all’interno di un posto di lavoro e il feedback ininterrotto tipico di internet e dei social.
Viste le richieste del mercato, la scelta di entrare nel mondo della pornografia spesso viene fatta in giovanissima età (quando non si parla di grandi produzioni diffidate sempre: sono davvero maggiorenni?, l’essere maggiorenni elimina del tutto il problema?) e molte ragazze rimangono solo per pochissimi mesi. Un esempio celebre è quello di Lana Rhoades: la sua esperienza nel mondo del porno è stata breve, solo qualche mese quando era diciannovenne e ora, dopo otto anni, è ancora in cima alle classifiche di visualizzazioni nonostante il suo tentativo di dissociare la propria immagine. Depressione, droga e alcol come modo per convincere a girare scene indesiderate e per vincolare i performer al datore di lavoro sono elementi fondanti della sua critica all’industria. Rhoades, inoltre, da anni richiede l’eliminazione dei suoi video dalle piattaforme online, ma questo le viene costantemente negato: il tema del diritto all’oblio è complesso e molto dibattuto, ma in questi casi, viste le implicazioni, potrebbe essere una soluzione.

Come detto, la droga è onnipresente sui set e spesso viene fornita dalle produzioni per facilitare il lavoro, ma come testimoniato da molti ex performer essa è solo un modo per isolarsi da ciò che si sta vivendo: secondo Jersey Jaxin, infatti, viene vista come l’unica soluzione per gestire il peso di essere trattati, sul set e dagli spettatori, solo come oggetti. Se, però, le produzioni stesse sono pronte a procurare droghe, ciò che spesso non offrono sono esami medici per le MTS che, seppure obbligatori ogni 28 giorni, vengono spesso ignorati e rimandati. Di questo ha scritto ampiamente Aurora Snow, ex performer, e un discorso simile, seppur diverso nei modi, era stato fatto da August Ames scatenando una tempesta di polemiche che sembrerebbero essere state una delle concause del suo suicidio nel 2017.
Queste sono alcune delle tematiche legate ai rischi per la salute mentale degli attori pornografici, eppure Hannes Jarke, ricercatore di Cambridge, nel 2022 ha fatto notare che in questo campo esistono solamente tre studi statunitensi e nessuno pubblicato dopo il 2013. Questa mancanza di attenzione è pericolosa e sintomo di un disinteresse diffuso difficilmente comprensibile e accettabile.

Questo articolo non cambierà nulla, ma prego voi che leggete di non essere parte di quegli «stronzi» e prima di fruire di questi prodotti di considerare i tipi di siti, i performer coinvolti e le condizioni di lavoro nelle produzioni: richiede solo un piccolo sforzo, ma l’impatto può essere immenso.