Con desiderio di verità
Il cinema intimo e politico di Carla Símon
di Greta Calaciura
Il processo di scrittura di Estate 1993 (2017), primo lungometraggio della regista e sceneggiatrice catalana Carla Simón, iniziò con un viaggio a Les Planes d’Hostoles, piccolo villaggio della Catalogna, alla ricerca di ricordi d’infanzia. Simón, nata a Barcellona nel 1986, si trasferì all’età di sei anni in campagna con la famiglia dello zio, dopo la morte prematura dei genitori, malati di AIDS. Del primo periodo nella casa dove è cresciuta, e dove tutt’ora vivono i genitori adottivi, Simón racconta di ricordare emozioni più che situazioni specifiche.
Estate 1993 segue la storia di Frida, una bambina di sei anni che, dopo la morta inaspettata dei genitori, viene adottata dallo zio insieme alla sua famiglia, e si trasferisce nella loro casa di campagna. La frustrazione di Frida nei confronti della vita è palpabile e straborda dalle immagini, creando un contrasto eloquente tra la tranquillità della campagna e l’irrequietezza del suo animo. Pur essendo questo il racconto romanzato dell’infanzia di Simón, la regista rivela che la chiave per organizzare la storia di Frida, così come per comprendere il suo stesso comportamento da bambina, sia stata leggere tanto riguardo alla psicologia infantile.
La premura nell’articolare le sue storie caratterizza tutto il cinema di Simón, il quale nasconde dietro alla naturalezza un desiderio di precisione e veridicità. Il suo secondo lungometraggio Alcarràs (2022), vincitore dell’Orso d’oro alla 72esima Berlinale, è un altro esempio di questa meticolosità nella rappresentazione. La famiglia di Simón coltiva pesche ad Alcarrás, come la famiglia Solé, protagonista del film, ma la vicenda e i personaggi sono interamente di finzione. Nonostante ciò, a interpretare i protagonisti non sono attori professionisti, ma persone della zona. La scelta di lavorare con attori non professionisti, in questa occasione, è dovuta al fatto che per la regista la cosa più importante era che questi sapessero come lavorare la terra e muoversi nei campi. Optare per attori non professionisti ha comportato una lunga ricerca con più di novemila audizioni di persone individuate girando per feste di paese in Catalogna, osservandole nel loro ambiente, alla ricerca di personaggi che in qualche modo assomigliassero a quelli che avevano già scritto. Una volta individuate le persone giuste, queste sono state invitate a passare molto tempo insieme per sviluppare legami autentici, e così è stato. Dopo tre mesi di ambientamento e preparazione, il copione è stato letto insieme una volta, gli attori hanno provato le scene, ma non hanno mai imparato a memoria le battute.
Il film narra della famiglia Solé nel villaggio di Alcarrás, coltivatori di pesche da quando il nonno Rogelio ottenne in gioventù l’affitto del frutteto da un conoscente. L’economia familiare ruota intorno al lavoro nei frutteti, e tutti hanno il loro ruolo, più o meno desiderato, all’interno di quest’attività. Tuttavia, il destino della famiglia diventa incerto quando Pinyol, figlio dell’amico defunto di Rogelio, comunica ai Solé che la terra è ancora legalmente sua e che convertirà i frutteti in terreni con pannelli solari per aumentare il guadagno. Rogelio aveva infatti stabilito l’affitto del terreno con un accordo in amicizia, e in mancanza di un contratto non può difendere la loro proprietà. Pinyol è disposto a lasciare che la famiglia resti a gestire il terreno, ma uno dei figli di Rogelio, Quimet, non ha nessuna intenzione di accettare il cambiamento. Quimet, un contadino di mezza età che ha lavorato la terra tutta la vita, reagisce con rabbia all’idea di dover abbandonare il suo lavoro, anche se gestire i pannelli solari vorrebbe dire guadagnare di più e faticare meno. La drammaticità della situazione viene vissuta diversamente da tutti i membri della famiglia, i quali, anche per motivi generazionali, hanno interessi diversi.
La crisi contemporanea dell’agricoltura familiare emerge con forza nella narrazione di Alcarrás, ed è proprio questa consapevolezza ad aver spinto Simón a realizzare il film, che racconta infatti come volesse ambientare la storia ad Alcarrás sia perché la sua famiglia è originaria di lì, ma anche per mostrare questa terra che non viene mai raccontata.
In occasione della realizzazione del suo cortometraggio Letter to My Mother for My Son (2022) per la serie Women’s Tales di Miu Miu, Simón cita come ispirazioni Claire Denis, nel suo ritrarre i personaggi con tanto affetto, Alice Rohrwacher, alla quale si riferisce come sua anima gemella, pur non essendosi mai incontrate, e infine il cinema Neorealista Italiano, nel suo essere molto vicino al documentario. Quando le fu chiesto di realizzare un cortometraggio, la regista era incinta, e le venne spontaneo raccontare qualcosa della sua gravidanza. Letter to My Mother for My Son, nasce dal desiderio di dare a suo figlio qualcosa che lei non ha mai avuto, ossia una storia familiare. Essendo i genitori di Simón morti di AIDS, il tabù che circonda questa malattia ha impedito alla regista di sentire racconti su di loro, e non avendo lei stessa ricordi, inventa qui una storia sulla madre, immaginando come sarebbe stata la sua vita, per ritrovare una memoria che non esiste. A narrare il cortometraggio è la regista stessa, le cui parole scritte a mano, proiettate sullo schermo, guidano la comprensione del suo immaginario, riconfermando la sua premura. «Come posso raccontarti? Se solo ci fossero più album di foto… Credo di fare film per inventarti, o per inventare me stessa. O forse perché non voglio morire».