Fresco come una rosa

Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i meme

di Sergio Sozzo

La promozione della nuova serie Netflix Berlino, connessa con l’universo de La casa di carta, vede l’interprete protagonista Pedro Alfonso intento a recitare, per dei reels pubblicati sui canali della piattaforma, delle frasi di cui non comprende in alcun modo il significato: «Sono Fabrizio il fresco di zona», dice l’attore leggendo la citazione sul suo smartphone. Oppure «Entra? Non può entrare!».

Alfonso “Berlino” non può conoscere il senso di questi tormentoni per il semplice motivo che il senso non esiste: si tratta di espressioni estrapolate da due dei meme di maggior successo del momento nella “bolla” di TikTok – e, a cascata, su tutti gli altri social e “falò digitali” con cui si sono riorganizzate le comunità all’epoca di WhatsApp e delle chat di gruppo. «Perlopiù le azioni memetiche sono senza senso», ha scritto al riguardo Joshua Citarella (citato da Valentina Tanni nel suo fondamentale saggio Memestetica), «rispecchiando così l’insensatezza della maggior parte dei gesti che compongono la società di oggi. L’azione politica ha fallito. Le proteste di massa hanno fallito. Persino il capitalismo ha fallito. […] La Generazione Z tiktokka con gioioso nichilismo, prendendosi gioco di una società in cui l’autodeterminazione e l’ascesa sociale sono da tempo collassate».

Ma siamo ancora sicuri sia solo un gioco, se addirittura Netflix “intercetta” due cosiddette wave del flusso memetico per lanciare la sua nuova serie di punta? Una parte di questo fenomeno la conosciamo da tempo, tanto che al collettivo di YouTubers The Jackal, per realizzare il nuovo video Gli effetti di TikTok sulla gente, basta aggiornare il canovaccio con cui hanno raggiunto un grande successo negli anni passati, stigmatizzando la tendenza dei giovani ad imitare movenze e linguaggio dei protagonisti della Gomorra televisiva: il personaggio catodico senza né arte né parte che riempie le discoteche con la propria “comparsata” è qualcosa a cui siamo abituati sin da quando le pratiche del reality e simili hanno ridefinito la TV berlusconiana.

Chi dice che l’universo dei meme sia un aggiornamento delle verifiche incerte d’ispirazione debordiana su cui si costruivano avanguardie del piccolo schermo come Blob, si ferma in realtà un passo prima del reale riposizionamento operato da queste pratiche “user generated”, che ci sembrano verosimilmente assomigliare di più al momento in cui i comici di Mai dire Gol hanno abbandonato le caricature dei protagonisti del mondo dello sport e dello spettacolo, per lanciarsi in imitazioni delle “persone comuni” catturate dalle dirette del Grande Fratello. I tormentoni non nascevano più da interviste improbabili ad allenatori, ma da frasi sgangherate ripetute dall’umanità spiata 24/7 nella casa di Cinecittà. Un carnevale grottesco, che già Matteo Garrone aveva avuto modo di stigmatizzare nel suo lucidissimo Reality, in cui coglieva esattamente la natura carnascialesca di quelle sfilate in maschera catodica tra sacro e profano.

Oggi il carnevale lo fanno le Intelligenze Artificiali, che hanno donato a qualunque utente la possibilità di sostituire il volto e la voce di, per dire, Gerry Scotti a qualsiasi frammento di film o serie TV dell’intero catalogo dell’entertainment: la storia del cinema rivive – e sopravvive! – così sotto forma di GIF e meme, ma in modalità completamente anonima e, in un certo senso, open source (a chi appartiene un meme? Da dove arriva? A questa seconda domanda risponde il sito Know Your Meme, che tenta di risalire alle fonti di ogni immagine virale).

È sempre Valentina Tanni a recuperare le intuizioni sul “carnevale di Reddit” dagli scritti di Adrienne Massanari: in ogni contenuto di pagine come Prossimi Congiunti, Napoli VHS o Sapore di Male si attua «un rovesciamento delle convenzioni della vita quotidiana […], le gerarchie vengono migliorate e invertite e la folla trae piacere dal ‘corpo grottesco’, godendo della degradazione della carne».

Da questo punto di vista, le vertigini più avanguardiste sono quelle assemblate dal collettivo Mimmo Modem nei suoi frenetici reels in cui gli slogan delle maschere di questo carnevale involontario, da “Roberto e allora?” al “Best Friendz col ventilatore” dialogano tra di loro tramite un montaggio serratissimo che ne ristabilisce di volta in volta riferimenti, contesto e senso relativo. Se vogliamo davvero parlare di una nuova autorialità, Mimmo Modem (non a caso un moniker – uno pseudonimo che nasconde molteplici sguardi e fronti di intervento) è di sicuro uno dei nomi imprescindibili e centrali: il caso del “Mac”, attempato culturista entrato nell’immaginario (e nell’inconscio) collettivo con i suoi bizzarri video in cui magnifica il proprio “trapezio”, è esemplare di questo stato di performance continua votata alla perenne autofiction – una sorta di avveramento di quello che accade al protagonista (Nicolas Cage, il prototipo effettivo della star-meme) di Dream Scenario di Kristoffer Borgli, uno dei titoli più sorprendenti della stagione cinematografica in corso.

I meme sono i sogni del futuro, si dice nel film di Borgli, e sappiamo quanto le tecnologie immersive del presente abbiano in mente di superare il confine tra sonno e veglia per installare advertising space anche dentro le storie che sogniamo. Siamo così convinti che la pratica di riappropriazione selvaggia e di “gift economy”, come si dice, in cui proliferano i meme sia al sicuro dalle grinfie della monetizzazione e del capitale de-oggettivato? Il disco di Natale in cui la AI “canta” i classici dicembrini con la voce di Gerry Scotti è un album Warner, non certo una playlist gratuita del web: «il complesso di internet, con tutti i suoi strumenti di branding e promozione individuale, costituisce la nuova utile illusione delle ‘maglie del potere’», ha scritto Jonathan Crary nel suo definitivo Terra Bruciata, «in cui l’utilizzo di piattaforme social in continua evoluzione può mascherarsi da opposizione e resistenza».