LO-LI-TA

Nabokov-Kubrick-Lyne, sola andata

di Luca Romeo

C’è un grande tavolo con tre scacchiere disposte di fronte a sei giocatori. I primi due sono grandi appassionati, uno è tra i migliori scrittori in circolazione, l’altro sta per entrare nell’Olimpo dei più grandi cineasti della storia. Si chiamano Vladimir Nabokov e Stanley Kubrick. Il romanziere russo, quasi un professionista della tavola a 64 “case” in bianco e nero, nel frattempo sta giocando, più distrattamente, un’altra partita. A studiare le sue mosse c’è un altro regista di lungometraggi, ma meno famoso del primo, si chiama Adrian Lyne. Manco a dirlo, il genio della carta stampata e, si capisce, dei giochi di strategia, sta disputando un terzo incontro, questa volta con i suoi lettori più affezionati. Tra questi c’è la docente universitaria iraniana Azar Nafisi. Ebbene, le partite sono tre, ma la posta in gioco è sempre la stessa: Lolita. E non parliamo solo della ragazzina irriverente che ha una relazione con il suo patrigno, bensì dell’intera opera che ha reso celebre lo scrittore-scacchista.

Lolita è il romanzo che nasce dalla macchina da scrivere di Nabokov nel 1955 e si scontra fin da subito con la censura e il buoncostume. L’incesto, la pedofilia, la follia di un ricco borghese nella ricca e borghese vita a stelle e strisce. Qui comincia la terza partita a scacchi, il buon Vladimir contro tutti, ma ci arriveremo dopo. Passa poco più di un lustro e quel Kubrick che deve ancora giungere alla stagione dei grandi capolavori (anzi no: Orizzonti di gloria è forse il migliore film di guerra della storia) sceglie come trampolino di lancio proprio quel romanzo dalla forma impegnata e dalla sostanza scabrosa. Compra i diritti e decide, da amante degli scacchi, di cominciare la sua partita con l’autore del libro. Nabokov, lo scrittore del momento, ha il pieno diritto di scrivere la sceneggiatura, mentre Kubrick, che sarà il miglior regista della storia del cinema americano, poi magari ci metterà qualcosa di suo. Pronti-via e Nabokov è entusiasta: ama gli scacchi come ama il cinema, non vede l’ora di lavorare per il grande schermo e non vede l’ora di vedere il suo capolavoro nelle sale. La prima mossa dell’autore russo e quantomeno ardita, leggenda vuole che al secondo incontro Kubrick ebbe tra le mani la sceneggiatura per un film di 7 ore. Il cineasta risponde con mosse di riparazione, aggiusta il tiro e torna in partita: il film durerà meno (per forza!), ma le chiavi dello screenplay restano saldamente in mano al compare di giochi. Nabokov già nel romanzo compie alcuni riferimenti al cinema. Scrive, soprattutto, che qualora si realizzasse un film su questo romanzo, gli piacerebbe fosse girata una sequenza in cui i volti di alcuni ricercati ritratti in una stazione di polizia, con una dissolvenza, si confondessero con il viso del protagonista Humbert. Ebbene, questa partita si conclude nel 1962, quando Lolita esce al cinema. Nabokov è l’unico accreditato come sceneggiatore, ma chi ha letto il romanzo si rende conto delle tantissime discrepanze rispetto al film. Lo stesso scrittore ammetterà che è stato usato solo il 20% di ciò che aveva preparato. Insomma, la seconda Lolita, la prima cinematografica, non è più la Lolita di Nabokov, ma è in tutto e per tutto quella di Kubrick. Ovviamente, la sequenza in dissolvenza sognata dall’autore russo non c’è.

Devono passare più di trent’anni perché qualcuno riprenda in mano contemporaneamente quel romanzo e una cinepresa. Lyne ha realizzato alcuni film di successo e lo sfondo sessuale è parte integrante delle sue opere. È il 1997 e Nabokov è scomparso da vent’anni, eppure questa nuova partita a scacchi lo affascina, per questa terza Lolita – la seconda cinematografica – forse si può fare meglio perfino di come ha agito un mostro sacro come Kubrick. Lyne gioca in modo meno spavaldo dell’anziano collega (che nel frattempo sta preparando il suo ultimo film, Eyes Wide Shut) e, anzi, muove le pedine con un timore reverenziale nei confronti di Nabokov quasi eccessivo. Come non volesse offendere l’avversario con mosse troppo “creative”. Ne viene fuori un film ben fatto, magari con meno “anima” rispetto al precedente, ma molto più fedele al libro. Certo, non siamo più a inizio anni ‘60, Lolita non deve avere per forza 16 anni e può addirittura baciare in bocca il suo scostumato, malato patrigno. Chi la vince questa partita? Patta, senza se e senza ma. Il film è piacevole, ma a un certo punto ti porta a chiedere se fosse necessario e se non sarebbe bastato leggere il romanzo. E no, non c’è la dissolvenza immaginata da Nabokov.

Dopo una sconfitta e un pareggio, arriviamo alla terza partita di scacchi del romanziere russo. La partita infinita, quella con i suoi lettori, con tutti noi. Prendiamo Nafisi come portavoce globale e andiamo a vedere come viene alla luce l’ultima Lolita. Leggere Lolita a Teheran è un libro pubblicato nel 2003. È un saggio, è un romanzo, è un diario. L’autrice insegna all’ateneo di Teheran e tiene un seminario su Nabokov con le sue studenti migliori. Come si fa nel 2003 a dire qualcosa che non è ancora stato detto su Lolita? Nafisi ci riesce: svela i segreti di Humbert Humbert, svela quello che Nabokov non dice e che Kubrick e Lyne forse non hanno capito o non hanno avuto il tempo di approfondire: ci parla della psicologia del protagonista e del suo influsso sulla nostra mente, di come Humbert seduca Lolita e, nel frattempo, seduca e compia violenze ripetute su tutti noi. Leggere per credere.

Ed è questa la grande vittoria di Nabokov. E di Lolita.