
Nuovo cinema popolare
Tornatore e la creazione di un cult trasversale
di Riccardo Chiaramondia
I film, in quanto oggetti culturali, sono inscindibili dal loro contesto storico, traendone continue influenze. Nel 1986, anno di uscita di Nuovo Cinema Paradiso, il dibattito sul rapporto tra cultura alta e popolare era ben lontano dall’essere esaurito e, anzi, venne rilanciato tre anni prima con la prima traduzione italiana di un’opera capitale come La distinzione di Bourdieu. Echi di questo dibattito si possono cogliere nella prima parte, fortemente metacinematografica, dell’opera di Tornatore. Si spengono le luci in sala e sullo schermo, accompagnata dalle grida dei pescatori, scorre la lunga didascalia che dà inizio a La terra trema. La maschera di sala, confusa, chiede spiegazione a uno spettatore sentendosi rispondere «boh, analfabeta sugnu»; in quel momento sullo schermo appare la scritta «La lingua italiana non è in Sicilia la lingua dei poveri». Questa scena, significativamente la prima proiezione pubblica presente in Nuovo Cinema Paradiso, sembrerebbe essere un esempio paradigmatico della distanza tra cinema e uomini teorizzata da Adorno nei Minima Moralia.

Visconti, trasponendo I Malavoglia, decise di utilizzare i veri abitanti di Aci Trezza e il loro dialetto come protagonisti, in un operazione volta a ottenere maggiore realismo e coinvolgimento delle classi incolte. Ma se la lingua parlata è quella dei pescatori siciliani, il linguaggio cinematografico è quello di un intellettuale e nobile lombardo, molto lontano da quello dei protagonisti: l’opera risulterebbe quindi incomprensibile dallo strato sociale umile a cui essa è apparentemente destinata. Come Dante difendeva il volgare in latino, così Visconti consola gli umili in maniera a loro incomprensibile. Ma, nel proseguo della scena, Tornatore mostra gli spettatori incantati, rapiti dalla potenza delle immagini; gli analfabeti e gli umili non sono esclusi, sono profondamente coinvolti. Le idee adorniane, dopo un iniziale ammiccamento, vengono ribaltate mostrando un cinema dalla vocazione profondamente umana. Non è un caso che all’ultima proiezione interamente gestita da Salvatore, svoltasi in riva al mare, presenzino dei pescatori in piedi sulle proprie barche, eco delle figure immortalate da Visconti. Simbolicamente, il percorso di crescita di Salvatore, figlio della Sicilia più povera, è aperto e chiuso da un’opera che, secondo la dicotomica distinzione tra cultura alta e cultura bassa, non dovrebbe appartenergli: come teorizzato da Francesco Casetti, l’opera ha assolto il ruolo di mediatore tra interessi di classe. Tornatore, profondamente legato alla Sicilia rurale, è, però, ben conscio che, affrescando la situazione cinematografica di una Bagheria trasfigurata nei decenni centrali dello scorso secolo, non è possibile trascurare il cinema di gusto popolare. Insieme a La terra trema viene proietta una comica di Charlot e, pur riempiendosi la sala per Catene di Matarazzo e Il grido di Antonioni, è per rivedere I pompieri di Viggiù che si scatena una rivolta di piazza.

Questa rappresentazione parrebbe un punto d’incontro tra quanto teorizzato da Bourdieu ne La distinzione e da Gans in Cultura popolare e cultura elevata. Il sociologo francese distingue le opere giustificate dal gusto legittimo, dato dal capitale scolastico e dall’origine sociale, da quelle di gusto popolare, basato sulla subordinazione della forma alla funzione, un mero proseguimento della vita reale. Seppure queste categorie non siano viste come dogmatiche e inviolabili, il comportamento del pubblico rappresentato in Nuovo Cinema Paradiso mostra un grado di coinvolgimento con entrambi i tipi di opere tale da risultare opposto a Bourdieu. Ugualmente, per quanto suggestivo, è impossibile vedere in esso una retrodatazione della nascita dello spettatore onnivoro definito da Gans; quest’ultimo vedeva nell’aumento della scolarizzazione e del capitale investibile dai singoli l’origine dell’onnivorismo, due condizioni estranee ai nostri. La realtà descritta da Tornatore appare come un’istintiva attrazione verso il cinema, una volontà di fruire indistintamente, seppur con diverso coinvolgimento, prodotti alti e popolari. Il personaggio di Alfredo evidenzia un altro punto focale: come il popolo decodifica e interiorizza i messaggi presenti nelle opere. Egli parla spesso per citazioni, ricontestualizzandole in uno scenario intimo, talvolta non capendone il significato originale: il suo atteggiamento non è acritico e passivo, dicendola con Hall, utilizza per la decodifica un codice negoziato, in grado di unire le istanze dei produttori con quelle proprie del pubblico.

In Nuovo Cinema Paradiso non è solo il rapporto tra il pubblico e le diverse tipologie di film a venire indagato, ma anche quello con il cinema come istituzione sociale: il luogo stesso assume un’importanza autonoma con le sue regole e i suoi rituali. Esso diventa il punto di convergenza del paese, dove le persone, senza paura di giudizi, si sentono libere di esprimersi: dormire, lasciare i bambini fumare, ridere, anche compiere atti onanistici, tutto è concesso. L’umore del paese è fortemente condizionato dalla presenza del cinema e ciò è esemplificato dalle parole del prete subito dopo l’incendio: «e ora come si fa? Il paese rimarrà senza divertimenti, senza niente». È un luogo fortemente connotato dall’eros, inteso come pulsione di vita, un posto dove nascono rapporti, nuove prospettive e stimoli di crescita. Ancora una volta, sono gli spezzoni dei film mostrati a essere esemplificativi: il pieno godimento nella fruizione avviene solo nel momento in cui, eliminata la censura cattolica, il bacio appare sullo schermo.
In conclusione, si può notare come, pur distaccandosi dalla visione apocalittica di una certa critica di stampo francofortiano, non viene svolta un’acritica celebrazione del cinema: esso appare come un’entità talvolta contraddittoria, ma viva e in grado di stimolare e offrire nuove prospettive di vita.