Cinema in Circolo: Buon giorno
Cinema in Circolo: Buon giorno
Buon giorno (1959) Titolo originale: Ohayō
Commedia corale sulla vita in un quartiere di periferia, attenta soprattutto al punto di vista dei bambini, il cui nuovo divertimento è di imparare a scorreggiare a comando quando gli si preme la fronte. I bambini sono affascinati da quella nuova diavoleria che è la televisione; due fratellini si infuriano col padre che non vuole comprare un televisore. Così dopo lo sciopero della fame passano allo sciopero del silenzio, criticando l’abitudine dei grandi di parlare senza dire nulla di concreto (tipo “Buongiorno”).
Buon giorno è particolare nella filmografia di Ozu per la sua dimensione collettiva, in cui la vicenda dei fratellini è solo la più importante in una serie di storie interconnesse sulla vita del quartiere. Si vedono certi esterni di periferia molto simili a quelli di Viaggio a Tokyo. Da notare che, circa il tema dei bambini, quel bizzarro e affascinante film che è Early Summer appare quasi una prova generale di Buon giorno: anche là si trovano i fratellini Minoru e Isamu, la fuga da casa, perfino la visita a casa di una signora che chiede al figlio di aiutare a cercarli. Il concetto base risale però al capolavoro degli anni Trenta I Was Born, But… Ad esso Buon giorno si riallaccia riprendendo l’argomento dello sciopero della fame dei due fratelli – ma in un’ottica più divertita e distesa, senza i sottintesi drammatici di quel film. L’interesse di Ozu per la vita privata dei bambini emerge nella descrizione dei loro giochi, attraverso i quali il tema della scorreggia (tutt’altro che inusuale nella cultura giapponese) entra nel film a vele spiegate. Si può osservare che, nel gioco dei bambini di scorreggiare a comando quando gli si preme la fronte, questo comportamento “robotico” è collegabile alla mania degli elettrodomestici che cominciava allora a diffondersi in Giappone, sulla quale scherza il film. Buon giorno inoltre contiene al suo centro una riflessione sul linguaggio: di che cosa parliamo quando parliamo? I due fratelli contestano i genitori dicendo che le espressioni usate degli adulti (da quelle di saluto ai discorsi sul tempo, così frequenti in Ozu) sono solo formule vuote. Gli adulti rispondono che queste formule sono un “lubrificante sociale” insostituibile. Però noi spettatori ci accorgiamo che a volte, come nel caso dei due timidi innamorati del film, è difficile and are al di là.
Testo tratto dal volume Ozu Yasujirō. Autunno e primavera, di Giorgio Placereani, Edizioni Tucker Film e Far East Film Festival, Udine, Pordenone, 2015.