
Cinema in Circolo: Ornette Made in America
Il Circolo del Cinema propone in streaming esclusivo per i Soci il film Ornette: Made in America di Shirley Clarke (USA, 1985 – 77′), ultimo lavoro della grande cineasta indipendente americana, presentato nella versione restaurata da Ross Lipman e UCLA Film & Television Archive. Il restauro, che ha avuto la sua anteprima al Festival di Berlino, è distribuito dagli infaticabili amici di Reading Bloom.
A cinque anni dalla morte del grande pioniere del free jazz Ornette Coleman, Shirley Clarke ci consegna un ritratto unico del suo straordinario talento e della sua profonda umanità. Girato tra Fort Worth, New York, la Nigeria e il Marocco, il film mescola interviste, estratti televisivi, scene di finzione, ‘video-clip’ e girati in Super-16mm. Le riprese del film iniziarono negli anni 60, grazie alla comune amicizia di Yoko Ono, e si conclusero nel 1983 in occasione dell’inaugurazione del centro per le arti performative Caravan of Dreams a Fort Worth (Texas), nella città natale di Coleman, dove il sassofonista si esibì nella sua celebre sinfonia Skies of America. Nel film compaiono, tra gli altri, i poeti beat William S. Burroughs e Brion Gysin, e i grandi jazzisti Charlie Haden, Don Cherry e Denardo Coleman, figlio di Ornette, assieme a sua madre, la poetessa e attivista Jayne Cortez.
«Quello che sorprende è la libertà di impostazione e il tono affettuoso. Quello che rimane è l’immagine di un genio costruttore di mondi sonori.» Gianluca Pulsoni, «Alias», il manifesto
☞ Le recensioni di Quinlan, il manifesto e Sentieri Selvaggi!
Ornette: Made in America sarà disponibile in streaming dal 27 al 31 maggio 2020.
Sei un Socio del Circolo e non hai ricevuto la password? Scrivici! info@circolodelcinema.it
Non sei Socio? Scopri come diventarlo!
Rassegna stampa
“Ornette: Made in America. Non è un documentario. […] Ma è un viaggio visionario libertario del terzo tipo… […] Era un gioiello introvabile. […] E quando la pellicola, poi, costò troppo, Shirley Clarke passò al più economico video. Esempio per tutti di come essere una filmmaker totalmente sincera e inguaribilmente indipendente. […] La distribuzione nelle sale ‘attive’ del nostro circuito di questo bellissimo e ever green film del 1985, a lungo invisibile, ma importante per la storia del jazz radicale e del cinema indipendente newyorkese. E in particolare di una sua feconda ramificazione femminista, che, a stretto contatto con la new dance, con il poderoso movimento di liberazione dei corpi dalla schiavitù puritana, e con l’affermazione dell’assoluta libertà creativa da salvaguardare a tutti i costi, ha sperimentato una estetica, né hollywoodiana né underground, ma neppure di inerte subalternità rispetto alle esperienze, a volte dogmatiche, del ‘cinema verità’ e della scuola documentaristica di Manhattan (Cassavetes, Leacock, Pennebaker…)” – Roberto Silvestri, ilCiottaSilvestri
“Quello che sorprende è la libertà di impostazione e il tono affettuoso. Quello che rimane è l’immagine di un genio costruttore di mondi sonori come fossero architetture, tanto inventive quanto eleganti – l’interesse di Coleman per l’opera di Buckminster Fuller parla chiaro. In tutto questo, Clarke si dimostra come una ritrattista con pochi eguali.” – Gianluca Pulsoni, «Alias», il manifesto
“Ornette: Made in America è una sinfonia di montaggio. […] è una sintesi continua tra il concerto filmato e il documentario biografico, che evita la semplificazione delle due forme prese singolarmente. Un film che non può che chiudersi con un lungo applauso.” – Giampiero Raganelli, Quinlan
“L’intera pellicola vive di questi contrasti: alternando alle immagini dell’inaugurazione dell’83 con il girato in 16mm di metà anni 60, segue itinerari non-lineari che ricordano da vicino le ‘harmolodie’ di Coleman, dove diverse melodie convivono entro un unico quadro snodandosi attraverso percorsi differenti.” – Simone Dotto, Il Mucchio Selvaggio
“Documentario sui generis, Ornette non smentisce la passione della sua autrice per il cinema come mezzo d’indagine intima e psicologica. […] Il modo in cui varie forme di soggettivazione e dominazione (di classe, sesso, razza, sessualità, genere) si tengono insieme nei ritratti che emergono nei documentari di Shirley Clarke è ancora oggi avanguardistico e davvero eccezionale per l’epoca in cui la regista lavorò. […] Il suo cinema merita dunque di essere riscoperto e studiato con attenzione.” – Silvia Nugara, CultFrame – Arti Visive
“L’incontro tra il jazzista e la filmmaker darà vita a quello che è uno dei modelli per il cinema documentario di sperimentazione. […] Ornette è al contempo un concerto e la storia di una vita: storia che segue e si intreccia con quella dell’America di Coleman, delle prime conquiste dello spazio e delle marce per Martin Luther King, della controcultura della East Coast e dei “suburbs” neri di metà Novecento. Tutto in un andirivieni temporale libero da logiche meramente esplicative che sa ridare allo spettatore non solo il ritratto di un grande artista ma anche l’affresco di un paese ormai distante.” – Alessandro Del Re, Sindacato Belleville