Natale del 1989, Romania. Giorni di festa ma anche di sangue, che la storia ricorda come Rivoluzione Romena, fase in cui cadde nel giro di poche settimane il regime dittatoriale del Presidente Nicolae Ceaușescu.
Le giornate di violenta protesta che portarono alla deposizione del Presidente sono state raccontate da molti autori, ma il regista Bogdan Mureșanu, realizzando il suo The New Year That Never Came, vincitore della sezione Orizzonti alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia, sceglie di approcciare questo drammatico tema con originalità, individuando nel clima rivoluzionario il potenziale di un racconto che incrocia sei storie e sei personaggi diversi, che convergono infine in un climax comune.
Le vicende di questi sei personaggi nella città di Bucharest sono immerse in un clima di sommossa, incertezza, persino paura, perché l’ombra della dittatura e degli agenti della temuta Securitate è una minaccia costante: in questo senso il film ricostruisce con una certa autenticità il clima ansiogeno di quei tempi, soprattutto a pochi giorni dalla cruda rivolta di Timișoara, da cui giungono notizie che spingono sempre più i nostri personaggi ad agire e ad affrontare nuovi ostacoli, in un crescendo narrativo che il montaggio restituisce perfettamente, man mano incrementando sempre più il ritmo dei tagli da una storia all’altra. È così che un regista della TV pubblica rumena è costretto nel giro di un giorno a trovare una nuova attrice per interpretare il coro nazionale, dovendo rigirare una scena in cui è presente in primo piano una donna ora dissidente. L’attrice scelta come sostituta è essa stessa oppositrice di Ceaușescu, ma deve decidere se giocarsi la carriera per questioni ideologiche. Nel mentre, il figlio del regista per fuggire dal regime sceglie di tentare una disperata fuga dal Paese attraversando il Danubio al confine. Lo tiene d’occhio un agente della Securitate, preso nel mentre dal tentativo di convincere la testarda madre ad abbandonare la propria casa, destinata ad essere demolita per il controverso piano di ricostruzione urbana di massa attuato dal governo. Il manovale addetto al trasloco, agitato dalle notizie provenienti da Timișoara, scopre che il figlio ha scritto sulla lettera a Babbo Natale il desiderio del padre che “zio Nick” (Ceaușescu) muoia, gettando la famiglia nel panico per paura di ripercussioni.
The New Year That Never Came racconta così la vigilia di questo “anno che non è mai stato” (a causa della rivoluzione), inventando due giorni di intensa tragicommedia, tra situazioni al limite del comico e momenti di intensità drammatica, che si alternano in un continuo scambio di toni, sullo sfondo di un clima cupo e assieme assurdo, quello del governo dittatoriale ai suoi ultimi respiri. La regia di Mureșanu è a tratti frenetica, la camera si sposta nello spazio e zooma sui personaggi con un linguaggio immediato, quasi documentaristico. Ma non solo: ogni inquadratura è studiata nel dettaglio ed in particolare è difficile non notare come esalti le caratteristiche di eroismo dei personaggi dissidenti, specialmente il manovale e l’attrice, i cui ritratti chiudono con solennità la storia rivolgendosi direttamente allo spettatore, lasciando spazio a immagini di repertorio che ricordano le celebrazioni successive all’esecuzione del dittatore. Una narrazione kaleidoscopica che nelle mani di Mureșanu diventa lo strumento per raccontare la caduta di un mondo e il passaggio verso il futuro di una nazione intera.
Michele Bellantuono