L’anziana vedova Ruth si prepara nella sua grande casa per una cena con un giovane uomo che non conosce. Si tratta, in realtà, di suo figlio Steven, che lei non riconosce perché sta perdendo la memoria e la consapevolezza di chi è e chi è stata in passato. Ruth sta per essere accolta in una casa di riposo per anziani, la Bella Vista, e Steven è lì per accompagnarla. Arrivata nella struttura, la donna è accolta dalla badante Vanessa, gentile e premurosa, ma fatica a capire la nuova collocazione. Coi giorni Ruth passa da momenti di lucidità ad altri di smarrimento, vivendo comunque liberamente la sua vita e i suoi desideri di donna anziana. Il film ha vinto lo scorso anno il premio per la miglior regia nella sezione Orizzonti della Mostra di Venezia ed è una delle più delicate e toccanti rappresentazioni della vecchiaia viste al cinema negli ultimi anni.
Grazie alla straordinaria interpretazione di Kathleen Chalfant, attrice teatrale all’esordio nel cinema e anch’ella premiata a Venezia, Familiar Touch offre il ritratto di un corpo, di un volto, di una figura che mostrano le mille sfamuture di un essere umano, il suo presente, il suo passato, il suo nulla. Ruth è una donna indipendente, volitiva, appassionata, sia quando crede di vivere una vita che non è mai stata sua o ha dimenticato (scambia il figlio per un amante, non ricorda di essere stata madre, nella cucina della casa di riposo torna a lavorare per un giorno come cuoca) sia nei rari momenti di lucidità (come quando sotto la doccia ricorda di avere un figlio) che immediatamente le danno la consapevolezza delle sue mancanze («Non me lo ricorderò», si dice).
Il cuore del film non sta nel trasmettere la condizione interiore della protagonista, come invece avveniva in The Father, dove la soggettivizzazione dell’esperienza della malattia portava a inevitabili semplificazioni, ma al contrario ne mostra l’apparenza esteriore. Senza restare in superficie, ma anzi raffigurando con candore e lucidità l’esistenza del personaggio, il film mostra la realtà unica e assoluta di una memoria che sta svanendo e perde dunque consapevolezza dello spazio e del tempo. Opera prima, delicata e intima, della trentatreenne regista statunitense Sarah Friedland, Familiar Touch nasce dalla sua esperienza di caregiver per anziani con demenza senile.
