That They May Face the Rising Sun è un’opera che lavora per sottrazione rifuggendo ogni possibile picco di emozioni e di sentimentalismi. Nell’Irlanda bucolica degli anni Ottanta rappresentata da Pat Collins, dove ancora non è arrivata la linea telefonica e le automobili sono un lusso di pochi, la vita scorre lenta, ogni giorno uguale all’altro, e il passare del tempo è scandito dal ritorno del cuculo o dai ciclici lavori agricoli. Tutto viene vissuto con un senso di ineluttabilità e per questo, anche quando la morte presenta il suo conto, le reazioni degli abitanti sono sempre intensamente discrete e venate di una spirituale speranza. Il gioco a togliere di Collins non è solo legato alle emozioni, ma anche alla caratterizzazione dei personaggi: in passato già autore di documentari incentrati su luoghi e comunità apparentemente isolate dal tempo, infatti, il regista sceglie di concentrarsi sullo spirito della collettività e non sui singoli individui. In questa comunione di anime si trova il senso di That They May Face the Rising Sun. Sebbene la narrazione sia sempre legata alla presenza in scena di Joe e Kate, una coppia trasferitasi da Londra alcuni anni prima, essi non hanno una caratterizzazione in grado di renderli protagonisti. Sono gli unici personaggi giovani in una comunità che sta invecchiando e, sebbene siano integrati e attivi nelle vicende, rimangono corpi parzialmente estranei, come è possibile cogliere dai commenti degli altri abitanti del luogo. Joe e Kate, più che a un ruolo attivo, sono chiamati a essere un elemento di confronto, la coppia venuta da Londra che nella sua estraneità rende più evidente gli elementi che caratterizzano la comunità locale. In una fiction dove l’elemento narrativo è ridotto al minimo, i due “protagonisti” sembrano diventare osservatori partecipanti, non dissimili da quello che potrebbe essere il ruolo del Collins documentarista sul set dei suo precedenti lavori. Essendo che il documentario non restituisce il vero, ma il verosimile e la neutralità, seppur ricercata, non è (quasi) mai possibile, il regista con questa (possibile) operazione metacinematografica sembra mettersi in scena attraverso la coppia centrale. Entrando nella loro casa gli abitanti del paese si raccontano e donano le loro storie ai due protagonisti, creando un ampio affresco della comunità. L’osservazione partecipante dei due, però, sottende sentimenti differenti resi dalle loro azioni e, soprattutto, dalle espressioni degli attori. Joe, apparentemente più attivo nella comunità, ha un atteggiamento di superiorità verso gli abitanti del luogo, quasi a sentirsi un santo benefattore, e nel mentre scrive un romanzo sulle loro vite che, per vergogna o senso di colpa, si rifiuta di condividere; Kate, invece, maggiormente riservata, sembra assorbire lo spirito stoico del luogo e nel progressivo cambio della sua mimica facile assume tratti sempre più simili a quelli dei locali. Continuando sulla metafora del documentarista, questa diversità potrebbe rappresentare una riflessione sulla deontologia professionale dei registi e appare chiara la maggior vicinanza di Pat Collins a Kate. La rappresentazione dell’Irlanda rurale e delle sue comunità in That They May Face the Rising Sun, infatti, non è acritica o mitizzata, bensì rispettosa delle sue bellezze quanto delle sue asprezze, dando un ritratto veritiero di un tipo di comunità che invecchia, ma resiste.
Riccardo Chiaramondia