Bande à part

Bande à part è quel film di Godard che si riduce a due sequenze memorabili e pluricitate: il balletto a tre in un bar di Parigi e la corsa dentro il Louvre, visitato interamente in nove minuti. Anzi no: Bande à part è il film in cui Godard, dopo aver smesso di essere Godard, torna a essere Godard. Perché? Facciamo un passo indietro. Nel 1964 il cineasta parigino ha già realizzato sei film – potremmo dire sei capolavori senza che nessun critico rischi lo svenimento – ma mentre i primi sono pietre miliari della Nouvelle vague francese e mondiale, con l’ultima opera Godard è andato in controtendenza. Le mépris, infatti, è un successo su tutti i fronti, Brigitte Bardot e Michel Piccoli sono perfetti, il film è perfetto, tutto e perfetto.
Eppure qualcuno potrebbe rimanere spiazzato dal nuovo Godard delle grandi produzioni, a colori e così “poco Nouvelle vague” rispetto a pochi anni prima. Subito dopo l’uscita nelle sale, però, il regista francese cala un nuovo asso, il film del ritorno alle origini, girato interamente in un mese, in presa diretta, in bianco e nero, con inquadrature rapide e ricco di digressioni. Insomma: Godard torna a fare Godard. Quello che ne esce è Bande à part, appunto, un’opera in pieno stile Nouvelle vague che ha per protagonisti i soliti anti-eroi ingenui e sfaccendati cari alla penna da sceneggiatore del cineasta.
Leggenda vuole, tanto per capire la differenza con la pellicola precedente, che Le mépris sia costato 500 milioni di franchi, mentre Bande à part solo 100mila. Forse un’esagerazione, ma rende bene l’idea che in quegli anni Godard, Truffaut e soci avevano in mente: rivoluzionare il cinema sia sul piano filmico, sia a livello di produzione. E se Odile e gli altri possono visitare l’intero Louvre in meno di dieci minuti, allora un capolavoro può essere girato in un solo mese e con un budget al minimo storico.
A proposito di Odile, sul grande schermo brillano gli occhi di Anna Karina, allora compagna del regista e all’apice del successo. Un’altra leggenda che veleggia intorno a questo film è legata alla crisi coniugale tra i due: pare che nella celeberrima sequenza del ballo, scocciato dalla goffaggine degli altri attori, Godard sia andato di persona a danzare con Karina, in un ultimo tenero avvicinamento affettuoso, consumato a cineprese spente.
Ma di che cosa parla Bande à part? Chi ama il cinema francese degli anni Sessanta sa che la trama è l’ultimo dei problemi: qui abbiamo due uomini che vogliono rapinare una casa e sono innamorati della stessa donna. Fine. Gli attori scelti sono Sami Frey e Claude Brasseur, il primo compagno di Brigitte Bardot e il secondo che curiosamente, nel film, si chiama come il poeta Arthur Rimbaud (sarà un caso?, non in un film griffato Godard).
Pare che ai tempi in Italia ci si divertisse a storpiare i titoli originali provenienti da oltralpe, basti pensare che uno dei successivi capolavori (sì, un altro) godardiano, Pierrot le fou arriva da noi come Il bandito delle 11. Ebbene, “band è part” si può tradurre con “isolato” o, ancora meglio, con “film a parte”. Macché, i titolisti italiani si inventano un Separato magnetico, con cui lapellicola esce nelle sale per un breve periodo, prima di tornare al titolo originale. A un mese dalla scomparsa di uno dei cineasti più importanti e influenti del secolo, il Circolo lo omaggia con uno dei suoi film più rappresentativi. Forse non il più bello, sicuramente non il più costoso, ma – ci si può giurare – il più osannato, citato e amato.
Luca Romeo

Cinema Kappadue

16.30 - 19.00 - 21.30

Proiezione

3 novembre 2022

Regia

Jean-Luc Godard

Durata

1h35min

Origine

Francia, 1964