A Chiara

A Chiara, terzo lungometraggio di Jonas Carpignano, rappresenta l’ultima parte di un viaggio nei sobborghi di Gioia Tauro e della sua criminalità iniziato nel 2015 con Mediterranea e proseguito nel 2017 con A Ciambra. Realtà e finzione convivono in queste opere e si intersecano al punto da rendere difficilmente distinguibile il confine: in A Chiara questa operazione è, però, declinata in maniera differente. Il taglio documentaristico lascia maggiore spazio a una sceneggiatura che sfrutta gli archetipi del thriller e del film di formazione: «Che fine ha fatto il padre di Chiara?» e «Quale nuovo posto nel mondo e nel microcosmo familiare assumerà la protagonista?».
Per la prima volta gli attori scelti da Carpignano non interpretano se stessi, manca la totale corrispondenza presente in Koudus-Ayiva e Pio nelle due opere precedenti; Swamy Rotolo, l’attrice principale, e Chiara sono diverse nel loro sviluppo, ma condividono la quasi totalità delle dinamiche domestiche. È qui che emerge il lato documentaristico del film: il cast è davvero una famiglia di cui il regista è amico di lunga data. Carpignano, per creare l’effetto realtà, ha inoltre scelto di consegnare la sceneggiatura agli attori in piccole parti per favorire l’emergere del tessuto relazionale ed emotivo che permea la quotidianità dei Rotolo.
La scena iniziale appare come un manifesto programmatico: viene rappresentata la celebrazione del diciottesimo compleanno di una delle sorella di Chiara, a cui il regista stesso partecipò quattro anni prima e che qui rimette in scena mantenendone luoghi e dinamiche. Una festa di questo tipo è, inoltre, un evento afferente al quotidiano, uno dei molti momenti di normalità, tanto anti-climatica quanto universale, di cui si ciba il film. Un ultimo fattore che porta a percepire A Chiara come un ibrido tra documentario e finzione è l’intertestualità con le due precedenti opere. Nel momento in cui appaiono brevemente Ayiva e Pio, sapendo che Mediterranea e A Ciambra possiedono una tangenza con il reale molto forte, la ricezione del pubblico ne viene influenzata: se si muovono tutti nello stesso universo, se condividono le stesse strade, allora anche la quantità di realtà deve essere la stessa.
Bisogna infine evidenziare il peculiare iter produttivo di Carpignano. A Chiara non è solo un lungometraggio, esiste infatti anche un corto omonimo realizzato nel 2019 e presentato quest’anno a Venezia come fuori concorso alla Settimana Internazionale della Critica. Questo lavoro su due formati è stato fatto anche per i due film precedenti; il cortometraggio viene usato come banco di prova in cui sperimentare la funzionalità della narrazione, delle scelte estetiche e saggiare i limiti dell’opera. Ridurli a meri cartoni preparatori sarebbe però sbagliato, la cura con cui vengono realizzati li rendono dei prodotti finiti e fruibili nella loro autonomia. In A Chiara affiorano già tutte le tematiche sviluppate successivamente nella narrazione estesa, pur differenziandosi per l’uso del sonoro: il cortometraggio è molto più silenzioso.
Questo tentativo di rendere fruibile la vicenda con meno parole possibili, quasi a coglierne maggiormente l’essenza estetica, come dichiarato da Carpignano, è servito per capire come realizzare in maniera più efficace la versione lunga di A Chiara dove la sonorità diventa a tratti caotica, ma sempre funzionale e volta a rendere la confusione con cui un adolescente come Chiara deve inevitabilmente confrontarsi.

Riccardo Chiaramondia

NUOVI ORARI
Cinema Kappadue

16.30 - 19.00 - 21.30

Proiezione

9 dicembre 2021

Regia

Jonas Carpignano

Durata

2h01min

Origine

Italia, Francia USA, 2021