La vita è una danza - En corps

Corpi in movimento riempiono lo schermo nella prima scena di En corps: grazie alla leggerezza e all’armoniosità tipiche della danza classica essi hanno un’aurea di perfezione sembrando fragili, ma allo stesso tempo indistruttibili. La caduta e l’interruzione per infortunio di uno spettacolo non sono contemplati nella mente di uno spettatore, per questo la rottura in scena della caviglia di Elise risulta essere un evento traumatico non solo per lei, ma anche per chi osserva. Il corpo e l’azione della ballerina vengono demistificati e da simbolo quasi mistico di grazia passano a essere con la zoppia un segno tangibile della fallibilità umana. Con il salto sbagliato durante lo spettacolo Elise non compromette soltanto il suo fisico, ma anche il suo animo: pochi minuti prima della sua rovinosa caduta sul palco, infatti, ella ha visto la sua relazione con il primo ballerino della compagnia sgretolarsi a causa del tradimento di lui. Il corpo della protagonista diventa il luogo in cui si manifestano le sue ferite emotive e il tentativo di tornare a danzare dopo il grave infortunio, nonostante il parere avverso del medico, diventa anche una riabilitazione dell’animo. Klapisch, il regista, dopo aver esplicitato la metafora nella scena iniziale si concentra unicamente sulla fisicità dei ballerini lasciando le vicende famigliari e amorose sullo sfondo e il passaggio dalla danza classica, volta con i suoi salti a innalzarsi verso il cielo, a quella contemporanea, in cui è importante il contatto con il terreno, sottolinea la necessità della protagonista di riavvicinarsi a sé stessa e di ritrovare quella vicinanza ancestrale con la propria matericità e intimità. En corps segna un cambio di paradigma nella rappresentazione di corpi problematici nel cinema: solitamente siamo abituati a vedere cicatrici o alterazioni fisiche, mentre in questo caso all’apparenza Elise non ha alcun segno, eppure il suo è un corpo deforme. La rottura della caviglia non le permette più di ballare, l’unica cosa che ha saputo fare nella sua vita, inibendone così la vitalità e portandola alla rassegnazione. La svolta nel suo percorso riabilitativo è segnata dall’incontro con una signora nata con una malformazione che non le permette di camminare senza l’aiuto di un bastone e dalla comprensione che le mostra accomunando i loro problemi. In questo momento Elise inizia ad accettare che il suo corpo, pur non potendo tornare quello di prima e privandola così della possibilità di compiere alcuni movimenti che le risultavano naturali, può comunque assumere una nuova bellezza. Il concetto di perfezione e di superiorità estetica di un movimento o di un corpo armonico rispetto a uno difforme dalla norma viene definitivamente messo in crisi e distrutto da un coreografo che spingendo la protagonista a entrare nella propria compagnia la aiuta ad accettarsi. I meriti del film di Klapisch sono quelli di normalizzare l’imperfezione, anche quando apparentemente lieve, e di provare a scardinare l’equazione secondo cui il bello e il sano coincidono. La connessione tra corpo e anima è indagata in maniera non dissimile a quanto avvenuto in altri film sullo sport e sulla danza, come Il cigno nero, ma è notevole il modo in cui le tensioni muscolari e i movimenti dei ballerini ripresi dal regista riescano ad assumere in sé tutto il potere comunicativo e la danza venga utilizzata attraverso le sue specificità di linguaggio e non come pretesto narrativo.

Riccardo Chiaramondia

Cinema Kappadue

16.30 - 19.00 - 21.30

Proiezione

9 marzo 2023

Regia

Cédric Klapisch

Durata

1h57min

Origine

Francia, Belgio 2022