Gigi la legge

Gigi ha un giardino che sembra una giungla, rigoglioso e verdeggiante, che sembra custodire un mistero quasi sacrale e quindi intoccabile. Al contempo però, le piante invadono la proprietà di un vicino che non vediamo mai e quindi chissà se esiste davvero. Inizia tra i due un litigio estenuante che non porta a nessuna risoluzione. Con Gigi la legge, Comodin torna nei luoghi del suo primo lungometraggio, L’estate di Giacomo, presentato al Circolo del Cinema, e il successivo I tempi felici verranno presto. Anche in questo lavoro si ripropone quella poetica della natura, dell’estate, della provincia veneta, in cui il realismo magico si mescola al documentario osservazionale. Stavolta il cineasta si focalizza su un personaggio, nella realtà lo zio stesso del regista, vigile urbano di San Michele al Tagliamento, cittadina di poco più di diecimila abitanti in provincia di Venezia, dove la gente ha un’inconfondibile parlata veneta, con qualche incursione di friulano. È evidente sin da subito come Comodin ricerchi un ritmo straniante, diluito, flemmatico, in cui tutto procede a vuoto per reiterazione e inerzia.

Il film segue i percorsi in pattuglia e le divagazioni del protagonista, tra piani sequenza e lunghe inquadrature fisse, conversazioni inconcludenti che scaturiscono da incontri che sembrano quasi tappe obbligate di un percorso ripetuto a memoria. Pare che il tempo si sia fermato in quel territorio, avulso da qualsiasi segno di modernità, in cui anche la musica è cristallizzata a cavallo tra gli anni 70 e 80, tra Nada e Julio Iglesias. È in questo luogo sospeso che si innesta il percorso esistenziale di Gigi, fatto di ripetizione e monotonia, in cui un evento tragico come il suicidio di una donna sulle rotaie del treno, è affrontato con placida apatia, quasi controvoglia.

Ma al di là del dato geografico, fisico, emerge sottotraccia l’esistenza di una dimensione nascosta, magica, che molto ha a che fare con le connessioni umane sotterranee e imprevedibili, che avvicina vertiginosamente il cinema di Comodin a quello del thailandese Apichatpong Weerasethakul. E che si manifestano nel rapporto di Gigi con Paola, l’agente addetta al centralino, e nei loro scambi via radio che via via svelano il progredire di un sentimento e tutto il senso del film. La fatica dell’attesa, l’isolamento e la solitudine, quel fuoricampo mai mostrato che rischia di tramutarsi in ostacolo insuperabile, minacciando la magia del contatto, mettendo a rischio la possibilità di incontrare l’altro al di fuori dei propri confini.

«Per questo film sono tornato nel giardino della mia infanzia, quel luogo magico che è per me l’inizio di tutte le storie. Da quando ero bambino son passati trent’anni e nel frattempo gli alberi, come me, sono cresciuti, gli oggetti di ferro, come i miei capelli, arrugginiti, ma nulla è cambiato veramente perché il custode e guardiano di questo paradiso non è una persona qualsiasi, è Gigi. Gigi è mio zio. […] Fuori dal suo giardino, Gigi per gran parte della sua vita è stato un vigile urbano, un semplice e pittoresco rappresentante della legge in questa regione particolarmente periferica. Questo film è prima di tutto il ritratto di Gigi, ed essendo Gigi, che si voglia o no, un vero poliziotto, il film non poteva che prendere la forma di un “poliziesco”. Un poliziesco a misura del suo personaggio principale, sovversivo e originale, sincero e disarmante, simpatico e provocatore. […] Gigi la legge è un pezzo di vita di confine, fatto di alberi che non smettono di crescere, treni che non si fermano, inseguimenti campagnoli, conversazioni divertenti, una storia d’amore sognata e un incubo che non ci lascia dormire».

Chiara Zuccari

Cinema Kappadue

16.30 - 19.00 - 21.30 OSPITE IN SALA IL PROTAGONISTA

Proiezione

2 febbraio 2023

Regia

Alessandro Comodin

Durata

1h40min

Origine

Italia, Francia, Belgio, 2022