IL FARDELLO DEL CORPO

Sguardi femminili nel cinema

di Asia Venturelli

Cos’è il female gaze? Ma soprattutto, esiste davvero? Partiamo dalla base: il female gaze al cinema consiste in uno sguardo che favorisce il punto di vista femminile nello spazio diegetico e nei personaggi. Lobiettivo è plasmare le donne come soggetti attivi con intelligenza ed emozioni, personaggi indipendenti piuttosto che oggetti passivi del desiderio maschile. In un mondo dove il male gaze è LO sguardo, troviamo una prospettiva che si offre di rappresentare lesperienza femminile, esplorare le dinamiche di potere e di rappresentazione, permettendo a tutte le identità di muoversi tra ruoli di soggetto e oggetto. Leggere queste dinamiche è fondamentale per comprendere i meccanismi di funzionamento della narrazione. Pensandoci, moltissimi film di ieri e di oggi non superano il cosiddettoBechdel Test” (metodo per valutare la presenza di personaggi femminili in un’opera di finzione chiedendosi se soddisfano tre criteri: devono esserci almeno due personaggi femminili, devono parlare tra loro e la loro conversazione non deve riguardare un uomo). E ancora, la maggior parte dei film dellorrore degli anni Settanta e Ottanta sono costellati di superflue scene di nudo e dalla coincidenza per la quale a molti registi uomini piacesse parecchio rappresentare una donna barbaramente uccisa, frutto di uno sguardo che non riesce a separarla dal fardello di avere un corpo. Non è essenziale che un film contenga linterazione di due o più personaggi femminili per essere accettabile dal punto di vista morale o critico, perché queste visioni non sono fatti inequivocabili, anzi sono sguardi ampiamente soggetti alle esperienze personali. Non è neanche necessario che non muoiano più giovani donne (spesso poco più che bambine) nei film horror. Si tratta di capire concretamente come viene trattata la figura femminile al cinema e con che criterio vengono create le storie che vediamo ogni giorno. Una risposta alla prima domanda può essere cercata nei lavori di diverse registe e registi, che affrontano il femminile in modi diversi.

Basti pensare a Peter Weir e al suo visionario Picnic at Hanging Rock (1975), viaggio onirico e soprannaturale in un college australiano di inizio Novecento. Protagoniste femminili dipinte come creature Altre, la vitrea e delicata superficie di unintricata dimensione a cui solo loro possono accedere, e dove chiunque altro ne esce inevitabilmente ferito. Donne dallaspetto angelico, dallincarnato sfumato di fattura correggesca che sembrano conoscere un significato nascosto nellordine delle cose e che comprendono come alcuni hanno un ruolo nella vita di cui non sono nemmeno a conoscenza e di cui non potrebbero mai capire la necessità, come se servissero uno scopo più alto di loro stessi, una sorta di disegno divino (scordatevi lOnnipotente, qui si parla di Natura e di un femminile mistico alla Betty Friedan), mentre il resto della popolazione vive in uno stato di vigilanza, strizzando locchio a una metafora sul consumismo globalizzato americano.

La pellicola condivide i colori rosei, opachi, pallidi di The Virgin Suicides (1999), il primo lungometraggio di Sofia Coppola, che instaura i protagonisti maschili come un narratore collettivo, e che mantiene quellaura allucinatoria attraverso una regia straniante di fine anni Novanta accoppiata a unambientazione suburbana anni Settanta. Un gruppo di uomini richiama il ricordo dolceamaro di cinque compagne di scuola, sorelle morte suicide alienate da figure genitoriali oppressive. Muoiono come angeli caduti, e diventano esseri di carne solo attraverso quello sguardo maschile che le costringe a reiterare unimmagine di sé convenzionale e romanticizzata, in un racconto che idealizza le protagoniste senza lasciare loro una propria volontà. Per loro sono esseri criptici ed enigmatici, un cubo di Rubik da risolvere, ma se queste ragazze potessero parlare chiederebbero: perchè vi interessa? Un puzzle da risolvere secondo le menti di questi ragazzi, che non si accorgono di avere davanti delle persone e non delle apparizioni mistiche.

Dove giace quindi il confine tra male e female gaze? Secondo alcuni il female gaze non esiste perchè in quanto donne in una società patriarcale non possiamo raggiungere uno sguardo davvero ripulito da quel perpetuo occhio voyeur. Questa lettura superficiale ci impedisce di dare agency alle donne, infantilizzando uno sguardo a cui, seppur inevitabilmente intrecciato al male gaze (anche il tentativo di superare il male gaze vuol dire interagirci), non va tolto valore. Non esistono film totalmente staccati dallottica patriarcale, come non esistono film  interamente esterni al capitalismo, ma ci sono capolavori che riescono a raccontare personaggi femminili non mercificati, complessi e interessanti e anche se questo non aderisce perfettamente allidea che hanno alcuni di female gaze, è emozionante sentire le voci delle donne in maniera tanto lucida e magistrale.