Nepo propheta in patria: John David Washington

Quando vuoi fare lo stesso lavoro di tuo padre: la leggenda vivente

di Marco Triolo

È il 28 luglio 1984 quando Denzel Washington e la moglie Pauletta Pearson accolgono un nuovo membro della famiglia: il piccolo John David. Quell’anno, papà Denzel (lo sapevate che si legge “Denzèl”, con l’accento sulla “e”?) è ancora all’inizio della sua carriera, e ai primi ruoli importanti (Power di Sidney Lumet, Grido di libertà di Richard Attenborough) manca ancora qualche anno. Eppure, già si profila una carriera notevole nel mondo del cinema: Denzel ha carisma da vendere, il piglio del leading man. Quarant’anni dopo, che ve lo dico a fa’, Denzel Washington è una delle più grandi star di Hollywood e a settant’anni suonati sta ancora prendendo a calci nel sedere i cattivi nella saga di The Equalizer.

Nel frattempo, quel batuffolino venuto alla luce in una calda estate del 1984 sta emergendo tra gli ingranaggi della spietata macchina hollywoodiana come potenziale nuovo leading man della prossima generazione. In pochi anni, John David Washington ha messo in fila una serie di ruoli in film importanti, collaborando con gente del calibro di Spike Lee (BlacKkKlansman), Christopher Nolan (Tenet) e di recente Gareth Edwards (The Creator).

Non è mica il primo “figlio di” a intraprendere con successo la stessa carriera di un genitore: solamente nel mondo del cinema ricordiamo Robert Downey Jr., Jamie Lee Curtis, Wyatt Russell. Gli esempi sarebbero abbastanza da superare il numero di battute qui concesso. Tuttavia, fare lo stesso lavoro di un padre o una madre illustre è sempre un enorme terno al lotto. È evidente perché alcuni lo facciano: se nasci nel mondo del cinema, lo respiri sin da ragazzino, frequenti i set e i figli delle star, la probabilità che tu decida che quello è il tuo unico universo possibile è alta. D’altro canto, hai voglia a scrollarti di dosso l’ombra di una figura come Denzel Washington! A volte è meglio fare come il figlio di Harrison Ford, che è diventato un famoso chef: puoi sempre raggiungere il top, ma magari non nello stesso campo di quel gigante di tuo padre.

E invece John David duro, convinto. John David voleva fare er cinnema e l’ha fatto, e non entriamo nemmeno nell’argomento “Nepo Baby”, cioè quel nepotismo che pervade Hollywood manco fosse l’Italia degli anni ’70/’80. JD avrà ricevuto una spintarella da papà? Denzel avrà usato le sue conoscenze per riscuotere favori e dare al figlio una chance di emergere? Domande che non avranno probabilmente mai risposta, ma non è che sia fondamentale saperlo.

Perché, vedete, il punto è che, se sei bravo e carismatico, dopo un po’ ci si dimentica come tu sia finito lì. Certo, ci sono magari attori bravi e carismatici che, non avendo alcuna conoscenza importante, non emergono mai. Ma, per quanti difetti possiamo imputarle, l’America è un luogo piuttosto meritocratico: se sei bravo, le possibilità di farcela esistono, perciò il rapporto tra gavetta e spintarelle resta abbastanza equilibrato. Inoltre, se sei un Cane Vero®, è difficile che tu vada tanto in là anche se sei “figlio di tutti questi potenti”.

Poi però ci sono le eccezioni inspiegabili tipo John David Washington. Che, se proprio dovessimo spiegarla, diremmo qualcosa come: evidentemente pensano che sia bravo. D’altro canto, uno come Arnold Schwarzenegger non è che fosse bravo: aveva carisma e azzeccava i ruoli perfetti per lui. John David Washington, ad esempio, in Tenet ci sta anche abbastanza bene(t, hahaha): Nolan ha scritto per lui un ruolo talmente teorico, talmente in sottrazione, che addirittura il suo personaggio si chiama “Protagonista”. Non deve fare granché, il John David, a parte andare di qua e là, strabuzzare gli occhi quando gli spiegano delle cose complicate (simulando la reazione del pubblico) e fare da carta da parati al più carismatico Robert Pattinson.

I guai iniziano in altri contesti. In BlacKkKlansman, JD fa il suo, ma è sorretto dal ritmo indiavolato del film e oscurato dalla sua co-star, Adam “Quello si che è uno dei più grandi interpreti della sua generazione” Driver. In Malcolm & Marie, alias il vuoto esercizio di stile di Sam Levinson, creatore di Euphoria e a sua volta Nepo Baby (è figlio di Barry), si impegna tantissimo in un film che però, come lui, si fa dimenticare dopo cinque minuti. E poi arriviamo a The Creator, dove JD rasenta l’apice della sua medietà, un buco nero di carisma che si aggira confuso in un film che lo è altrettanto, e necessiterebbe di un protagonista sicuro di sé, magnetico e, passateci il termine, cazzuto, che sapesse per lo meno reggere sulle sue spalle il peso di un tale pastrocchio. E invece, ancora una volta, sono colleghi come Ken Watanabe e la piccola Madeleine Yuna Voyles a rubargli la scena con la facilità… la facilità… dell’attore bravo, ecco.

A Hollywood gira la leggenda che Denzel Washington non ami essere guardato negli occhi. In sua presenza, dovete stare con gli occhi bassi e ubbidire. Sta tutta lì la differenza tra Washington padre e figlio: da una parte, lo sguardo fiero e penetrante di un’icona, uno che si è fatto il mazzo e ha aperto la strada a molti altri afroamericani. Dall’altra, lo sguardo incerto e confuso di un figlio abituato a tenere gli occhi bassi.