CANE O MITO? – FRATELLI RUSSO, DOVE SIETE?
Inchinatevi ai signori della piattaforma
di Marco Triolo
Io russo, tu russi, egli russa guardando The Electric State dei Fratelli Russo. “Eppure erano dei così bravi ragazzi”, afferma la signora Karen, storica vicina di casa di Anthony e Joe. E ha ragione: i registi di Avengers: Endgame, il film che ha ridefinito il concetto di fare soldi a Hollywood, sono partiti a spron battuto dimostrando di saperne a pacchi su come si confeziona una cosa estremamente divertente.
Dopo essersi fatti notare con Welcome to Collinwood, remake de I soliti ignoti con George Clooney nei panni di Totò, i Russo hanno diretto episodi di Community, di cui erano anche produttori esecutivi, e Arrested Development. A quel punto Kevin Feige, demiurgo della Marvel, ha visto la loro incredibile street cred e ha avuto la lungimiranza di coinvolgerli in prima linea nell’universo cinematografico degli Avengers. Con Captain America: The Winter Soldier, Anthony e Joe hanno firmato uno dei migliori episodi del MCU. Con i successivi Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame, hanno portato la saga a un climax così epico e perfetto che, da allora, l’MCU ha faticato a riprendersi, al punto che i loro servigi sono già richiesti per il prossimo Avengers: Doomsday. Riusciranno i Russo a salvare la Marvel? Per come si stanno mettendo le cose, probabilmente no.
Perché, vedete, si è scoperto che, al di fuori del loro elemento, i Russo hanno evidenti limiti. Non è che non abbiano talento, ma un conto è lavorare all’interno di una squadra ben oliata, che siano le produzioni di Community (con alle spalle un Dan Harmon in grande spolvero) e Arrested Development, o la perfetta macchina pop della Marvel, dove hanno cavalcato l’onda di uno zeitgeist inarrestabile fino al trionfo. Un altro è prendere in mano le redini e trovare una propria cifra stilistica. E qui casca l’asino.

Dopo Avengers: Endgame, i Russo hanno firmato Cherry, tentativo di fare un cinema più adulto. Tom Holland ce l’ha messa tutta, a sua volta, per scrollarsi di dosso la fama di Spider-Man, ma il film è passato direttamente su Apple TV+ e finito nel dimenticatoio in fretta. I due allora sono tornati su terreni più famigliari per girare la commedia action The Gray Man, grigia di nome e di fatto. Non bastano Ryan Gosling, Chris Evans e Ana de Armas a salvare uno script, firmato dai fedelissimi Christopher Markus e Stephen McFeely, che mette insieme un cliché dietro l’altro, non aiutato da una regia piatta, digitale, finta, iper-generica. Non c’è un’emozione vera che sia una in questo Frankenstein di film migliori.
Prima parlavamo di una cifra stilistica originale; ecco, forse la cifra stilistica dei Russo è il misto mare. Si scherza spesso sui film da piattaforma scritti con l’algoritmo, che siano le varie avventure di Ryan Reynolds/Dwayne Johnson per Netflix o, appunto, i film dei Russo post-Marvel. The Gray Man pare effettivamente una roba diretta da un’intelligenza artificiale che abbia assimilato le caratteristiche più comuni del genere action comedy americano, per poi sputare fuori un’approssimazione decente.
Il che fa molto ridere se pensiamo che il loro film successivo, finito ancora una volta su piattaforma (stavolta proprio Netflix), è il già citato The Electric State. Tratto da un romanzo di Simon Stålenhag, lo stesso di Tales from the Loop, anche questo è un potpourri di suggestioni rubate altrove, mescolate nella più blanda e generica trama da action fantastico. Ogni personaggio segue l’arco di maturazione più prevedibile del mondo, il messaggio finale è di un boomer che non ci si crede (basta con questa fredda tecnologia, correte nei prati tenendovi per mano!) e l’umorismo tenta disperatamente di essere cool, risultando solo triste. Menzione d’onore per Millie Bobby Carlucci Brown, che un giorno meriterebbe il suo “Cane o mito?” personalizzato: bravissima da bambina, si è trasformata nella star del nulla cosmico. Chris Pratt invece fa Chris Pratt, o per lo meno l’idea che il pubblico ha di Chris Pratt: un giandone un po’ tonto ma buono, tra Andy di Parks & Recreation e Star-Lord dei Guardiani della Galassia.

Che altro hanno fatto i Russo? Ad esempio la recente serie Amazon Citadel, progettata per lanciare un franchise internazionale (è già uscita la versione italiana, Diana, con Matilda De Angelis, e presto arriverà quella indiana). Al centro della saga, la rivoluzionaria idea di un’agenzia segreta buona che si scontra con un’agenzia segreta cattiva. Mai visto!
Forse la loro abilità nel radunare talenti si sposa meglio con l’ambito produttivo: Tyler Rake, co-sceneggiato da Joe e interpretato dall’ennesimo Avenger, Chris Hemsworth, non è affatto male. Un po’ meno bene il suo sequel, ma il regista Sam Hargrave è uno che con le botte ci sa fare. Dove li possiamo vedere, mi chiedete? Ma ovviamente su Netflix!
Non è un caso che, dopo la Marvel, i Russo siano diventati sinonimi di film da piattaforma: le loro opere sono “contenuto”, nella peggiore accezione turbo-capitalista del termine. È roba fotografata con i filtri di Instagram, girata con grande dispendio di mezzi e green screen, ma senza cuore, che risulta ancora più finta quando il cuore dovrebbe essere l’elemento centrale (vedi, appunto, The Electric State). Forse, tornando in seno a mamma Marvel, riusciranno per lo meno a ritrovare parte dell’ispirazione. Ma raddrizzare un universo sull’orlo dell’oblio non è facile quanto cavalcarlo nel momento del trionfo.