
ABBECINECEDARIO: V come Videoteca
V come Videoteca
di Alessandro Faccioli
Esistono ancora le videoteche nelle case degli italiani o sono state tutte compresse in un pugno di hard-disk destinati ad andare in malora? In un’industria culturale fluida e in parte smaterializzata, videoteca è un termine che fa tenerezza, appena un po’ più di collezione.
Sono tempi duri quelli di chi si aggira in casa contemplando le pareti, di notte o in pandemia, agli arresti domiciliari o in cassa integrazione. Fuori orario su Rai 3 una volta era di moda, il sonno poteva risultarne favorito. Ora non più. C’è il non-tempo della rete, che poi è l’antiorario. Ma è dalle camminate intra moenia che vengono idee strane, come quella di riordinare la videoteca di casa, zibaldone dei supporti più svariati. Un palinsesto di archeologia mediale in cui non mancano pezzi di pellicola in nitrato, Blu-ray argentini e DVD asiatici codice regionale 5, senza sottotitoli.
Sposto tutto per terra e ancora una volta ricomincio. Metodo ci vuole. Decisioni che precedono le necessità, per non dover ammettere poi che il più piccolo spostamento è dovuto a un colpo di dadi. Suonano alla porta? Si rimescola tutto per riprendere poi da zero. Ci si arrabbia perché si sono fatti male i conti? Tutto va a farsi benedire. E via con le deroghe, gli aggiustamenti, altrimenti non se ne viene fuori. In realtà, dopo mezz’ora non si vuol far altro che liberare il pavimento. Bisogna tenere separati “originali” e copie? Da una parte si accumulano i DVD, dall’altra i Blu-ray, da un’altra ancora gli hard-disk. Le vecchie videocassette e i nastri magnetici, così voluminosi e indesiderati, dove li si parcheggia? Che ingrati che siamo, pronti a rottamare gli amici di ieri. Se si concede la seconda fila alla serie B, non sarà una sepoltura senza funerale? Sullo scaffale, Visconti lo piazziamo accanto a Vancini – in fin dei conti sono tutti e due italiani e cominciano con la stessa lettera – oppure lo si deve accostare a Renoir, cosa che ce ne ricorderà i primi passi francesi? E, per un ruvido senso dell’armonia, ci si potrà mettere accanto o no la videocassetta di Rocco, dei suoi fratelli e delle sue sorelle, sdoganandole dai bassifondi, dopo tutto questo vento di canonizzazione stracult che soffia a beneficio di annoiati e poveri di spirito? Rocco lo mettiamo vicino a Toro scatenato, a Stasera ho vinto anch’io e a Il bacio dell’assassino, tanto parlano tutti e quattro di pugilato. Méliès con Moira Orfei e Welles (la linea del trucco) e i Lumière con The Queen (la linea del reale). Sistemiamo Rossellini vicino a Rosi, Bianchi, Franco Nero e Verdone. Per non farsi mancare nulla, concediamo lo scaffale più alto a una mappa di registi che spaziano da qui a lì, Veronese, Sorrentino, Genovese, e pure Palermi, che aggiunge una nota vintage. Di qualcuno non si ha nemmeno un film, ma la voglia di procurarselo è poca. Lasceremo un buco alla memoria e ci sistemeremo un foglietto, come si fa con la data e il nome di chi si azzarda a chiedere un titolo in prestito, convinto di farti un favore: «Te lo chiedo per valorizzarti!».

Una volta frequentavo delle persone che sull’involucro di plastica delle videocassette che prestavano con generosità – e che contenevano i grandi classici del cinema americano ed europeo – avevano stampigliato un monito minaccioso, inquietante, inconfutabilmente vero: Memento non tibi esse! Ricordati che non ti appartiene! Ci si ritrovava un po’ intimoriti da sì grande verità. Tanto vera che probabilmente nessuno se ne ricordava, conducendo all’esasperazione i prestatori. I beneficati fantasticavano di non render più un Ford minore, un Godard in lingua originale, un Germi prima maniera, un Murnau restaurato, un Bergman integrale, un Powell & Pressburger introvabile, per lottare contro l’imperatività di un monito che scalfiva appena la liberalità disinteressata del prestito stesso. Qualcuno avrà pure pensato di sovrascrivere ai capolavori una porcheria, registrandola sul nastro dalle televisioni locali, con la pubblicità, i titoli di coda mozzati, le scritte moleste che scorrono a piè d’immagine. Un poliziottesco, una pierinata, giusto per agire da tupamaro di provincia, da cinefilo a tempo determinato, un po’ patetico. Chissà quando i proprietari avrebbero scoperto la trovata adolescenziale fuori tempo massimo. Forse mai, perché quel titolo l’avrebbe chiesto in prestito solo una persona a decennio, e i proprietari ne possedevano in realtà un’altra copia per esclusivo uso privato, che mai avrebbero lasciato uscire di casa.
Memento! Allora i fratelli Nolan non erano ancora in pista e nessuno poteva immaginare che la copertina di quella videocassetta avrebbe echeggiato il titolo di uno dei film più fintamente rivoluzionari del cinema d’inizio millennio, che non sai se è meglio prendere dal capo o dalla coda e, soprattutto, non sai bene dove piazzare nella tua ormai ingestibile, inattuale videoteca.