
Passavamo sulla terra leggeri
I premiati dell’ultimo Festival dei Popoli
di Luca Mantovani
Giunto al traguardo ammirevole dei 65 anni, il Festival dei Popoli di Firenze si conferma appuntamento imprescindibile per la conoscenza, promozione e diffusione del cinema documentario e del cinema del reale nel nostro Paese: una vis che gli anni non hanno appannato, anzi rendendo lo sguardo più acuto e sensibile su un presente inquieto e sulle tematiche che dettano – o dovrebbero dettare – l’agenda del nostro riflettere il contemporaneo, il suo essere sempre e necessariamente politico.

Il palmares, tuttavia, sembra in parte tradire queste urgenze, premiando nella sezione principale due ritratti quasi canonicamente agiografici di due creature ai margini: una monaca ortodossa in Bielorussia e un moderno mistico “straccione” nelle Highlands scozzesi. Attraverso il prisma delle loro singolari esperienze, però, si propaga un sottile quanto tenace raggio che ancora una volta getta luce sulla forza del singolo – piegato, sconfitto, caduto – nel cercare una redenzione che trascende la sfera intima per farsi possibile risposta universale.
In tempi di parcellizzazione, algoritmi, neoliberalismo sfrenato, l’individuo è ancora il granello capace di inceppare il meccanismo rutilante del capitale, che senza riguardi travolge nella sua avanzata le nostre vite e il nostro pianeta. Sia il Jake Williams ritratto da Ben Rivers in Bogancloch che la Mother Vera di Cécile Embleton e Alys Tomlinson non sono infatti monadi negate a un’idea di comunità, ma corpi desideranti che intendono la propria chiamata redentrice come occasione per essere veramente nel mondo, anche prendendone le distanze forse, senza tuttavia rinnegare le possibilità di una comunione che non esclude l’altro, sia questo uomo, bestia o albero.
Colpisce, di entrambe le opere, il ricorrere alla scelta di una fotografia in bianco e nero che dona immediata patina cinematografica alle vicende ritratte e ai protagonisti, rendendone le vicende atemporali, esemplari. Una fascinazione che in Rivers è manifesta fino alla malia, dato che il regista inglese torna a filmare Williams per la terza volta, dopo averne fatto materia narrativa di uno dei suoi primi cortometraggi (This Is My Land, 2006), nonché del suo primo lungometraggio (Two Years At Sea, 2011).
«Un film» nelle parole della Giuria internazionale, «dotato di una straordinaria capacità di rivelare l’intimità della vita quotidiana di un uomo, immerso nell’ambiente che lo circonda, sia esso preesistente che costruito da lui stesso. Riesce a catturare poeticamente e realisticamente l’essenza dell’esperienza umana, invitandoci a entrare in profonda empatia con il protagonista e facendoci vivere una totale armonia tra uomo e natura».

L’ombra ingombrante di Tarkovsky si distende invece sul vincitore assoluto del Concorso internazionale, Mother Vera, primo lungometraggio documentario della regista Cécile Embleton e della fotografa Alys Tomlinson (proprio da un suo scatto alla protagonista origina il film): questo ritratto della giovane monaca eponima, travagliata da un ingombrante passato di dipendenza e malattia, in cerca di una redenzione che passerà attraverso il suo smisurato amore per i cavalli, sorprende per la sapienza con cui è costruito. L’eccellente lavoro sulla fotografia, ad opera delle due autrici, modella con forti contrasti chiaroscurali il volto e il corpo di Vera, restituendole una proporzione mistica, monumentale. Perfetto contraltare di un tumulto interiore trattenuto appena, palesato da un misurato voice over ed esacerbato nei suoi contrasti dal montaggio che alterna riprese in interni bui e esterni luminosi, fino allo scioglimento finale che restituisce per intero la donna alla dimensione della luce. Le scene nella natura ammantata di neve non possono che richiamare alla mente il cinema del Maestro russo, guardando senza riserve innanzitutto a Andrej Rublëv, così come a L’infanzia di Ivan.
«Un’opera cinematografica costruita con sensibilità, che ci introduce rispettosamente e gradualmente a una donna le cui complesse decisioni di vita, capaci di cambiarla profondamente, ci vengono condivise attraverso gli elementi essenziali del cinema: luce, suono, tempo e spazio, raggiungendo un delicato equilibrio tra forma e contenuto, estetica e sostanza», sempre nelle motivazioni con cui la Giuria ha attribuito il premio.

Grande svista, invece, per il miglior film del Concorso italiano: Cose che accadono sulla terra di Michele Cinque restituisce con grande perizia tecnica (eccellenti la fotografia e l’uso del drone) un’epica dal sapore western, sebbene calata nella realtà di una famiglia di allevatori sui monti della Tolfa, nel Lazio, alle prese con lupi, crisi climatica, speculazione, pascolo rigenerativo, nuovi modelli sostenibili, investimenti e difficoltà economiche.
Di fronte a questa abbondanza di tematiche di urgente attualità, il regista rinuncia però a uno sguardo critico, esaltando piuttosto la vicenda personale a scapito della sua valenza politica. Questionabili alcune scelte stilistiche, come la cornice costituita dalla favola sul lupo o i dialoghi madre/figlia in voice over che punteggiano la narrazione, rafforzando il senso di “fiction” che opprime anche altri momenti del film; così come la volontà di escludere dal quadro, o affrontare frettolosamente, i passaggi più controversi (i rapporti con la rete di allevatori, la descrizione della filiera, l’introduzione di una razza di mucche non autoctona, i dialoghi con il mondo della finanza).
Cose che accadono sulla terra si sforza in tutti i modi di far apparire i suoi protagonisti, Francesca e Giulio, come paladini senza macchia, soli contro tutti, ostaggi dalle leggi italiane ed europee, inciampando in almeno un paio di momenti impossibili da assolvere sotto il profilo etico: la caduta di cavallo di Francesca, con corollario di ralenti e montaggio a effetto, e il viaggio a Milano per incontrare gli investitori, dove questi restano completamente fuori scena mentre l’impresa della coppia di allevatori viene descritta con toni da assalto a Wall Street, mentre è Milano, solo, soltanto Milano.