ABBECINECEDARIO: P come PPP
P come PPP
di Alessandro Faccioli
Pier Paolo Pasolini è oggi in primissimo piano (PPP), finalmente soltanto per la sua eredità poetica senza eredi e una potenza creativa che non smette di parlarci. La biografia di scandali necessari non è dimenticata ma è alle spalle, in secondo piano. Sul romanziere, sul poeta, sul cineasta, sul drammaturgo, sul pensatore, ci si continua a interrogare dall’Europa all’America e la vitalità delle sue opere non ha confini. La visione di Pasolini di un mondo in cui ciò che è piccolo finisce sempre per toccare ciò che è grande, e in cui epoche storiche differenti si fronteggiano, dialogano, costituisce per molti una bussola utile, nel mare delle incertezze del presente. Non perché da lui ci si aspetti di ricevere chiavi d’accesso ai misteri di un mondo sfuggito di mano. Piuttosto, perché ci si augura che i suoi profetici anacronismi e le sue illuminazioni regressive regalino salvifiche prospettive di senso a una modernità sempre più tecnocratica, segnata da un mostruoso sviluppo che continua a darsi senza vero progresso. Sono parole sue, molto note, queste sì corrose dalla ripetizione mediatica, ridotte quasi a formula.
Sono decenni che quel che resta degli intellettuali nazionali si interroga su cosa Pasolini avrebbe avuto da dire sulle televisioni private, sulle guerre in Iraq e in Afghanistan, su quella in Jugoslavia e in Ucraina, sul berlusconismo, sul mondo digitale, sulle stragi dell’attenzione favorite dai dispositivi mobili, sulla pornografia a portata dell’infanzia, sulle nuove forme di violenza sociale, disagio mentale, profondo malessere giovanile. E sulla Palestina, che ha provato a conoscere nel corso di sopralluoghi che avrebbero potuto regalargli il set di un film sul Vangelo di Matteo, infine girato nel Meridione italiano.
Questo appellarsi inquieto all’anima di PPP presenta dei rischi e non si dà senza contropartite. Una per tutte è la presunzione di conoscerne le opere, che andrebbero frequentate con pazienza, per poterne valutare appieno le sorprendenti sfaccettature. Non è poco avere la possibilità di rivedere oggi i suoi film quando si vuole, riflettere su opere molto belle e un po’ meno note di altre, come Teorema, Medea e i cortometraggi, per scoprirvi qualcosa di nuovo, sospeso su un filo che lega gioiosa consapevolezza di esistere e profonda sofferenza per non poter resistere a ogni costo agli agguati della vita e della Storia. Dipende da che lato ti riprometti di prenderli, questi film, perché continuino a parlarti, oltre la trappola agiografica che il tempo ha teso all’autore. Puoi rivedere Comizi d’amore escludendo il sonoro. Prima le nude immagini, poi le immagini e i dialoghi, infine solo voci e rumori. Ecco che l’inchiesta si presenta come un formidabile trattato sul primo e sul primissimo piano, e sulla ricerca fisiognomica, trasformandosi in un gioco di riconoscimento dei caratteri e delle ideologie in campo a partire dai volti di quei giovani alle prese con argomenti scomodi prima del Sessantotto: la libertà, l’amore, il sesso, la speranza.
Vorreste avere la possibilità di incontrare Pasolini, oggi? Siamo sicuri che avremmo qualcosa da dirgli? E da lui ascolteremmo di buon grado qualcosa che forse non ci piacerebbe sentire? Parleremmo la stessa lingua, riuscendo a capirci?